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Istruzioni per rendersi infelici: il virus della RABBIA



Se digiti “rabbia” su un motore di ricerca, solo alla fine della seconda pagina di risultati emerge qualcosa che si riferisca all’EMOZIONE della rabbia. E questo potrebbe dirci già tanto…

Prima di questo link tutto riguarda una malattia virale che causa infiammazione cerebrale e i cui primi sintomi sono somatici: includono febbre e prurito nel sito di esposizione, seguiti da segnali quali movimenti violenti, emozioni incontrollate, paura dell'acqua, incapacità di muovere parti del corpo, confusione e perdita di coscienza.

La rabbia è una cosa seria!...Senza dubbio, ma non meno di quanto lo sia quella che si sta sviluppando non solo da oggi, ma oggi con più rumore, nelle persone e tra le persone.

E’ una delle emozioni primarie, chiave della sopravvivenza, come per tutte le altre, ebbene allo stesso tempo potenziale fattore distruttivo, oggi virale anch’esso. Un altro virus che sta dilagando tra gli umani, che sembra notevolmente assomigliare ad una malattia, se non gestita come si deve.

Il mese scorso uno studio della rivista di medicina Lancet ha pubblicato un articolo sull’impatto psicologico della quarantena* che analizza gli effetti sulla psiche della quarantena, invitando a ridurla il più possibile allo stretto necessario finalizzato ad evitare il pericolo più grande del contagio globale.

Insomma da qui è emerso che c’è gente con sintomi post traumatici da stress, disturbi del sonno, ansia, irritabilità e in alcuni casi anche depressione. In generale però, i sentimenti dominanti sono la rabbia e la confusione.

La rabbia è una delle più precoci fra le emozioni, insieme al piacere e al dolore.

Le due cause tipiche sono la presenza di un ostacolo, o percepito tale, al soddisfacimento di un bisogno o l'imposizione di un danno fisico o psicologico (Ellsworth & Smith, 1988; Roseman, 1984; Scherer, 1984; C. A. Smith & Ellsworth, 1985).


Averill (1983) ha classificato tre tipi di rabbia con funzioni diverse:

1. DISTRUTTIVA: quando l’obiettivo è di rompere, peggiorare i rapporti con l'altra persona, vendicarsi per un torto, esprimere odio e disapprovazione.

2. COSTRUTTIVA: vuole modificare il comportamento altrui, far evolvere la relazione con la persona con cui si è arrabbiati, è un modo per esprimere libertà e indipendenza.

3. ESPLOSIVA: serve per sfogarsi e basta…con probabili funzioni aggiuntive di rompere il rapporto o rivalersi per il torto subito.

La rabbia è, dunque, adattiva se in forma costruttiva, perché motiva l'organismo ad intraprendere azioni correttive verso un miglior equilibrio (Ellsworth & Smith, 1988). Tuttavia, portata agli estremi, ossia repressa o iper-espressa, rischia di divenire probabilmente non adattiva. Nell’uso che facciamo della nostra rabbia, molto dipende da fattori culturali, dall'educazione, dai nostri modelli e dallo stile di attaccamento che abbiamo sviluppato nella nostra storia personale. Così abbiamo imparato, in modo esplicito o implicito che sia, cosa si possa o meno esprimere e come si possa farlo soprattutto.

Reagire alla quarantena con rabbia distruttiva o esplosiva vuol dire mettersi a cercare un capro espiatorio, che abbia una presunta intenzione malevola. Intenzione che non potendo essere attribuita ad un organismo così elementare come un virus, verso cui un’aggressione risulterebbe poco sensata, si rivolge verso altri umani.

E’ la volta di chi corre, chi ride, chi prova a sopravvivere giocando, chi trova strategie impopolari per non uscire fuori di testa, chi è creativo, chi sta meglio e se ne potrebbero aggiungere infinite categorie.

Allora in questa esperienza che stiamo tutti condividendo forse è l’occasione per riappropriarci della “response ability”, della nostra parte di responsabilità nel renderci infelici o meglio felici! Questo concetto implica l’idea di non riversare i fatti colpevolizzando altri, ma essere in prima persona proattivi, con volontà e capacità risolutive. E non significa far finta che non ci siano implicazioni più grandi e potenti e su cui non possiamo avere controllo, ma nella nostra individualità e quotidianità questo può aiutare a vivere con aderenza a se stessi e consapevoli.

La rabbia esplosiva verso i passanti, verso altri umani con cui dovremmo sviluppare compartecipazione ed empatia spesso è legata ad altri fattori che non hanno nulla a che fare col passante ovviamente ma più con se stessi e con “come” generalmente ci approcciamo a noi stessi e alle nostre emozioni.

Se generalmente impediamo l’espressione di un’emozione, la tratteniamo e accumuliamo, finirà con l’esprimersi in contesti altri da quelli in cui è nata o verso persone che non ne sono all’origine.

E sì, così diventa “negativa” perché viene rivolta “contro”, aprendo la porta della distruttività e della violenza.

Inoltre, i comportamenti tipici di chi esprime la rabbia non regolata quali sbattere le porte, colpire gli altri o aggredire verbalmente possono avere successo nell'intimidire gli altri, ma, a lungo termine (e neanche troppo lungo) provocano disagi interpersonali e creano, guarda un po’, nuovi ostacoli ai propri obiettivi, aumentando la probabilità che vengano provocate nuove emozioni rabbiose (Keltner, Ellsworth e Edwards, 1993).

Inutile dire che dietro ciò ci possano essere molti responsabili e fattori in gioco…Infatti l’idea è di iniziare dapprima da noi stessi a ridurre almeno la parte di responsabilità che ci riguarda verso la riduzione del nostro stesso malessere. Perché essere arrabbiati non piace a nessuno! Si sta male e si rischia di intossicare qualsiasi altra cosa intorno.

Alcuni teorici hanno descritto le emozioni come evanescenti e legate ad uno stimolo specifico, di solito della durata di pochi secondi e strettamente legate alle circostanze che l’hanno suscitata (ad esempio Ekman, 1984). Se così fosse sarebbe a posto, ma un’emozione non è solo questo, poiché alcuni aspetti dell'esperienza emotiva persistono e influenzano la percezione di situazioni estranee all'evento che le ha provocate (Zillman, 1983). L’influenza sul giudizio rappresenta una pericolosa qualità secondaria dell'emozione da cui ne deriva come le persone giudicano i propri mondi sociali.


Rispetto alle persone tristi più focalizzate a spostare sulla situazione ambientale l’origine del proprio malessere, le persone arrabbiate trovano più facile immaginare gli eventi come causati da altre persone comportando un isolamento anche maggiore di quello che oggi e da un po’ stiamo tutti vivendo.




Cenni bibliografici:

Averill, J. R. (1983). Studies on anger and aggression: Implications for theories of emotion. American Psychologist, 38, 1145–1160.

Ekman, P. (1984). Expression and the nature of emotion. In K. Scherer & R Ekman (Eds.), Approaches to emotion. Hillsdale, NJ: Erlbaum.

Ellsworth P.C. , Smith C.A. (1988). From appraisal to emotion: Differences among unpleasant feelings. Motivation and emotion. Springer.

Keltner D., Ellsworth P.C., Edwards K. (1993). Beyond simple pessimism: effects of sadness and anger on social perception. Journal of personality and Social Psychology, Vol 64(5), May 1993, 740-752.

Zillman, D. (1983). Transfer of excitation in emotional behavior. In J. X Caccioppo & R. E. Petty (Eds.), Social psychophysiology: A sourcebook (pp. 215-242). New York: Guilford Press.

 
 
 

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